venerdì 12 febbraio 2010

Alfred Kubin: Der Andere Seite

“Le mie facoltà erano evidentemente
ammalate e i sogni cercavano di sopraffare
il mio spirito. Nei sogni perdevo
la mia identità e spesso mi trascinavano
in epoche antiche della storia...
La realtà mi sembrava un ripugnante
caricatura dello Stato del Sogno. Ormai
mi dava sollievo soltanto il pensiero
di scomparire, di morire...”


Alfred Kubin, Die andere Seite


Ho letto questo romanzo molto tempo fa, in una traduzione adelphi. Era un periodo di grandi scoperte,il romanzo gotico inglese, il grande E.T.A. Hoffmann, il gotico novecentesco (Karen Blixen, Lovecraft,il solitario di Providence). Naturalmente conoscevo già i capolavori di Edgar Allan Poe ed ero fortemente suggestionato da Franz Kafka. A quei tempi era fortemente interessato all'inconscio teorizzato dalla psicanalisi, da Freud agli strutturalisti, e al legame fra arte e psicologia.

Bene e male, vita e morte, realtà o sogno: sono i tratti essenziali di questo romanzo visionario e fantastico scritto dal grande disegnatore Alfred Kubin all’inizio del secolo scorso.
Il romanzo vide la luce in un periodo particolarmente difficile per l’autore: la morte del padre. L’evento gli provocò una forte crisi psichica accompagnata da visioni oniriche e persecutorie da cui scaturirono mostri che trovarono dimora proprio ne “L’altra parte”, esperienza letteraria e soprattutto risoluzione catartica dei fantasmi alberganti nell’inconscio. E saranno proprio l’inconscio e le sue discordanti manifestazioni ad essere i protagonisti della vicenda ivi narrata, una storia, ambientata in una città immaginaria, Perla, in cui si snodano un numero incalcolabile di enigmi dalle soluzioni inafferrabili.
Nel romanzo Kubin narra di un artista che viene invitato da un certo Klaus Patera, suo ex compagno di gioventù, a raggiungere con lui la città-capitale di Perla, nel Regno del Sogno, situato in un punto imprecisato dell’Asia Centrale cinese, del quale è unico ideatore e sovrano assoluto.
Man mano che ci si immerge nella lettura, costellata da un ritmo lento ed insinuante, diventa palese che non si tratta di una “radiosa” utopia bensì di un’esplicita condanna a qualsiasi forma di velleità utopistica.
“L’antagonista è in noi: c’è il bene e il male, la vita e la morte, la realtà e il sogno. Gli opposti sono l’espressione della lotta. Una lotta interiore, nell’inconscio, che si concretizza in azioni esteriori che disegnano un sottilissimo confine tra la gloria e il ridicolo, tra l’essenziale e il ridicolo”.



Nel paese di Perla, il regno del sogno
















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